STORIA DELLA BATTELLIERI CRISTOFORO COLOMBO
Dal 1887 una storia che merita di essere conosciuta.
LA “COLOMBO” E I COLOMBINI
Il pio istituto fu fondato nel 1534 da Girolamo Miani (successivamente santificato) con l’aiuto della famiglia Gambarana, nel più vasto ambito della creazione di orfanotrofi in tutta la regione lombarda; nel 1614 nasce, ad opera di Domenico Piacentini, anche la sezione femminile.
I piccoli orfanelli furono affidati dapprima ai Padri Somaschi, solo successivamente passarono sotto le cure della Congregazione della Carità, che avevano come emblema il simbolo dello Spirito Santo, la colomba, disegnata anche sugli abiti degli sfortunati bambini. Di qui probabilmente l’origine del nome che pare derivi anche da una delle sedi dell ‘ orfanotrofio, il convento detto della “colombina”, attiguo al tribunale.
Il rapporto società remiera-orfanotrofio comincia in data molto vicina a quella di origine della “Battellieri”.
Ideata da Francesco Albertini, socio fondatore della “ Colombo ” e padre del pluricampione di nuoto e di canottaggio Mario, e iniziata nel 1891, la tradizionale festa si ripete regolarmente fino al 1911, ultimo proficuo anno di attività della prima “Battellieri”, che di Il a poco si scioglierà.
Organizzato sempre nel mese di luglio il festoso corteo di imbarcazioni, spinte dalla perizia e dalla forza dei voga tori della “Colombo”, risaliva il fiume fino al Canarazzo o lo discendeva sino alla confluenza con il Po, salutato dalle grida festanti della popolazione posta sulle rive e dalle note accompagnatici della musica del Corpo Ticinese.
li ritorno alla sede sociale era più intimo; bandierine colorate, dolci, prosciutto, vino, procurati sempre con l’aiuto di generose ditte cittadine, rallegravano il pranzo degli orfanelli, che l’aria del fiume e l’accoglienza avevano reso euforici. Figli orfani di cittadini pavesi, i colombini furono ‘adottati’ dalla società non per attinenza con il proprio nome, ma semplicemente perchè alcuni soci avevano parenti in quell’istituto. Appartenenti a famiglie numerose, spesso venivano messi all’orfanotrofio dall’unico genitore rimasto, impossibilitato ad assicurare un’esistenza dignitosa ai propri figli. Nell’istituto erano educati in modo ferreo ma corretto, istruiti, veniva insegnato loro un mestiere per affrontare la vita senza problemi o complessi. Spesso le loro opere, piccoli lavori di falegnameria e di calzatura per i maschi e ricami per le femmine venivano esposti e molti cittadini erano loro clienti.
Oltre all’educazione era assai curata anche l’alimentazione: carne quasi tutti i giorni, anche in anni, nei primi del ‘900, in cui era considerata un lusso per pochi, minestra, uova, pane e vino, talora risotto giallo con salsiccia, arrosto.
Accolti anche nei palchi del Fraschini, durante le rappresentazioni infrasettimanali delle opere liriche e ospitati dalla Società Ginnastica Pavese durante la risorgimentale festa del Venti settembre, dove assistevano all’annuale accademia ginnastica, i colombini avevano però la loro festa più importante proprio alla “Colombo”.
Il fatto di percorrere il fiume, azzurro, rassicurante, a contatto con una natura che per un attimo sembra quasi appartenerti, l’essere protagonisti e unici festeggiati in una giornata a loro dedicata, tutte le attenzioni a loro rivolte, deve essere sembrato una specie di paradiso. Forse per riconoscenza o per ricordare insieme quei giorni, molti orfanelli divennero poi atleti e soci della “Colombo”.
Nel 1910 la prima novità, molto ben accetta, ad interrompere la tradizione: due potenti ‘autoscafi’, prestati dal Genio Civile, aiutano i rema tori della “Battellieri” nella passeggiata fluviale; i loro nomi sono “Matilde” e “Taro”.
Interrotta nel 1912 la festa riprende nel 1924, con la società in pieno fervore. Spostata la data, da luglio a settembre-ottobre per non interferire con il programma delle regate, si arricchisce di altre gite, grazie anche alle cospicue donazioni dei soci e ai soliti aiuti delle ditte pavesi.
La gita del ’27 sul Lago Maggiore e quella del ’37 sul Lago di Corno interrompono la tradizione del Ponte della Becca.
Nel ’29, intanto, in segno di perpetua riconoscenza i colombini donano alla “Colombo” una pergamena in cui è espressa la più viva gratitudine per la puntualità e la costanza con cui la società offre e dedica loro una intera giornata ogni anno.
I tempi cambiano, barconi a motore sostituiscono le vecchie e gloriose barche, vincitrici di molte gare nella categoria omnium, nel trasporto dei fanciulli: è finita l’epoca per l’ “ Illusione ” , la “ Libertas ” , la “ Caprera ” , la “ Scilla ” e la “ Cariddi ” .
Interrotta negli anni Quaranta causa la guerra e sostituita con invio di dolci e frutta e biglietti per pomeriggi al cinema, la festa riprende nel ’46 con l’inizio di un nuovo ciclo. Ora te gite si fanno più frequenti in terra ferma: Montalto Pavese nel ’51, Torino e Superga nel ’53, Pietra Gavina, nel ’54, Lecco nel ’55, Genova-Nervi nel ’57 e infine alla Malpensa a visitare l’aeroporto internazionale nel ’59. Sempre mantenuto il rinfresco conclusivo nella sede, al ritorno dalle gite, e sempre intatta l’accoglienza fatta di cose semplici e amore per il prossimo.
Considerata una festa di amore e carità tra le più generose di Pavia, la giornata dedicata ai colombini vuoi essere un esempio di come si possa, se si vuole, ricordare chi è stato meno fortunato e farlo sentire, una volta tanto, protagonista ben accetto.
Molti meriti ha la “ Colombo ” in tutta la sua lunga storia, dai salvataggi sul fiume, alle sottoscrizioni per diversi Enti Benemel1itJi, alla disponibilità nel prestare le proprie barche per ogni evenienza, ma questa festa, per l’umile e al tempo stesso grandioso sentimento che la sostiene è quella che più di altre è rimasta nel cuore dei pavesi.